L’approccio deduttivo ai problemi
Come affrontare una situazione critica non solo con l’intuito o l’esperienza ma analizzando attentamente la situazione per arrivare a conclusioni logiche
Il Problem solving è una delle competenze più richieste e valutate nei profili professionali di Dirigenti, Quadri e Impiegati ma, nell’affrontare un problema, sembrano prevalere quasi sempre l’intuito o l’esperienza: due approcci istintivi, sicuramente validi e veloci ma rischiosi. Infatti, non sempre con l’intuito ci si “azzecca” mentre l’esperienza può essere fuorviante, in particolare nella gestione di situazioni nuove. Certo, applicare l’approccio deduttivo ovvero dedurre razionalmente la causa di un problema, richiede pazienza, logica, tempo e soprattutto competenza, da sviluppare in interventi formativi specifici, come sarà illustrato in questo articolo[1].
Vantaggi e svantaggi dei tre approcci
Come si è detto, nell’analizzare un problema, si possono seguire tre approcci:
- induttivo
- intuitivo
- deduttivo
L’approccio induttivo (da “in-duco”) si basa sull’esperienza e significa affrontare una situazione problematica cercando analogie con il passato.
L’approccio intuitivo (da “in-tueor”) si basa invece sulla creatività, sulla fantasia, sull’idea giusta al momento giusto.
L’approccio deduttivo si basa sulla razionalità e significa seguire un filo logico che parte da alcune premesse (“de”) e porta (“duco”) a determinate conclusioni.
Tutti e tre sono presenti nella nostra mente, tanto che si può parlare solo di approccio prevalente. Non esiste un approccio più valido o più giusto di un altro. Tutti e tre hanno vantaggi e svantaggi che vanno attentamente considerati. L’ideale è capire, di volta in volta, quale approccio è più funzionale e riuscire ad applicarlo.
L’approccio induttivo è piuttosto rapido e sicuro, basandosi sull’analogia con situazioni già affrontate. Ma quando il contesto è nuovo, per definizione, l’esperienza manca e l’approccio induttivo può addirittura diventare un ostacolo nei processi di cambiamento, cercando tale approccio di far replicare sempre il passato (…si è sempre fatto così). Inoltre, se l’esperienza non è collettiva, difficilmente si possono convincere altri della validità delle proprie conclusioni.
L’approccio intuitivo può portare a scoperte di valore ma richiede che la cultura organizzativa tolleri rischi e approssimazioni non dimostrabili. L’intuito è infatti una caratteristica fondamentale dell’imprenditore (che rischia in prima persona) ma non dei suoi collaboratori, che a lui devono rendere conto. La creatività, inoltre, si può stimolare attraverso alcune tecniche specifiche ma è fondamentalmente una qualità individuale.
L’approccio deduttivo è l’unico che consente di dimostrare logicamente la causa di un problema ma richiede tempo e può essere perciò rischioso in condizioni di urgenza o con limitate informazioni.
E’ l’approccio tuttavia che seguono necessariamente gli inquirenti per individuare l’autore di un reato o i medici per prescrivere terapie efficaci. L’esperienza e l’intuito li aiutano certamente ma senza le “prove” gli inquirenti non potrebbero affrontare un giudizio in tribunale e i pazienti correrebbero gravi rischi.
Le fasi logiche dell’approccio deduttivo
Riprendendo liberamente il contributo di Kepner e Tregoe [2], per individuare deduttivamente la causa di un problema, è necessario prima di tutto circoscriverlo per poi raccogliere alcune informazioni-chiave preliminari: quando si è verificato, come e dove si è manifestato, cosa ha comportato, ecc… (è la fase in cui, riprendendo gli esempi precedenti, il medico fa l’anamnesi e gli inquirenti analizzano la scena del crimine).
Successivamente vengono considerate tutte le possibili cause del problema, nella consapevolezza che più se ne ipotizzano e più è probabile che fra tante ipotesi ci sia quella giusta (è la fase in cui il medico pensa alle varie possibili patologie e gli inquirenti considerano tutti i potenziali colpevoli).
La fase decisiva è quella in cui si individua la causa più probabile del problema attraverso il confronto di ogni ipotesi con tutte le informazioni-chiave, scartando o accantonando quelle che non spiegano anche uno solo dei dati raccolti preliminarmente.
L’ultimo passo consiste nel verificare la causa risultata più probabile attraverso approfondimenti specifici (è la fase in cui il medico fa fare accertamenti diagnostici mirati e gli inquirenti raccolgono prove supplementari o cercano di far confessare il presunto colpevole sulla base degli indizi raccolti).
Gli interventi formativi specifici
Per dimostrare vantaggi e svantaggi dei tre approcci, nei corsi dedicati al problem solving vengono di solito utilizzati casi analogici che mettono in luce come l’esperienza e l’intuito possono portare fuori strada. D’altro canto, però, la deduzione logica della causa di un problema richiede tempo, rigore metodologico e allenamento.
Molto efficace, da un punto di vista formativo, è l’applicazione del metodo a casi reali, con il docente che supporta i partecipanti nella gestione di problemi aziendali, anche di natura tecnica. Non è necessario infatti che il formatore sia competente nell’ambito specifico della situazione da analizzare ma è ovviamente indispensabile che padroneggi l’approccio deduttivo e guidi i partecipanti nel corretto sviluppo di tutte le fasi.
approccio deduttivo, associate partner, formazione, Paolo Macchioni, problem solving, training